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Tarquinia è un comune italiano di circa 16500 abitanti nella Maremma Laziale  della provincia di Viterbo; dista dal capoluogo circa 45 chilometri. La città di Tarquinia (Tarquinii in latino e Tarch(u)na in etrusco, derivante da quello del mitico Tarconte fu uno dei più antichi ed importanti insediamenti della dodecapoli etrusca. In rapporto con Roma fin da epoca molto antica, diede a questa città la dinastia dei re Etruschi (Tarquinio Prisco Servio Tullio e Tarquinio il Superbo) che svolse un ruolo di primaria importanza nella storia della città latina (fine del VII e VI secolo a.C.).
Tarquinia entrò più volte in guerra con Roma e da questa fu infine sottomessa dopo la battaglia di Sentino, nel 295 a.C. Da allora Tarquinia fece parte dei territori romani nella regio VII Etruria. Sul suo litorale si sviluppò la colonia marittima di Gravisca, che fino alla fondazione di Centumcellae (oggi Civitavecchia) da parte dell'imperatore Traiano nel II secolo dopo Cristo, rappresentò il principale porto dell'Etruria meridionale, abbandonato in seguito alle scorrerie dei pirati saraceni in epoca altomedievale.
Nel V secolo passò sotto il regno romano-gotico di Teodorico. Nella prima metà del VI secolo si trovò coinvolta nella guerra gotica e nella seconda metà del secolo entrò a far parte del longobardo ducato di Tuscia. Nella seconda metà dell'VIII secolo la Tuscia fu prima acquisita ai domini carolingi e poi donata al pontefice come parte del neo-costituito Stato della Chiesa.
Probabilmente già a partire dal VI secolo si ebbe l'iniziale graduale spopolamento dell'abitato etrusco-romano, che andò accentuandosi in età medievale, per poi completarsi nel tardo medioevo, quando la città antica si era ridotta a poco più di un castello fortificato. Le cause vanno rintracciate nelle devastazioni compiute dagli invasori germanici prima e nelle incursioni dei Saraceni poi, che oltre a decimare la popolazione causarono una progressiva involuzione economica del territorio.
A partire dall'VIII secolo d.C., su di un colle contiguo alla città antica, ma in vista del mare, è attestata la presenza di una rocca detta Corgnetum o Cornietum. Tra la fine del X e gli inizi dell'XI secolo, nei documenti troviamo nominato un Corgitus (dal 1004) o Torre di Corgnitu (dal 939). Da questo piccolo primo nucleo si svilupperà, nei secoli XI e XII, il centro medievale di Corneto.
Nel 1144 Corneto divenne libero comune italiano stipulando patti commerciali con Genova (nel 1165) e con Pisa (nel 1177). Nel XIII secolo resistette validamente all'assedio dell'imperatore Federico II. In questo periodo il territorio cornetano fu uno dei maggiori produttori ed esportatori di frumento in Italia. Inoltre, in seguito alla distruzione di Centumcellae da parte dei pirati barbareschi, a partire dal IX secolo riprese vita e importanza l'antico porto, abbandonato secoli prima, che diviene uno scalo di collegamento fra l'entroterra umbrolaziale e il Mediterraneo.
In questo contesto si inquadra lo scontro nel XIII e XIV secolo fra Corneto e città maggiori, come Viterbo e Roma, che intendevano imporre il loro dominio approfittando della debolezza del potere pontificio, specie durante la cattività avignonese. Corneto si oppose anche alle mire della Chiesa, ma la città fu infine ridotta all'obbedienza dal cardinale Egidio Albornoz (1355) e da quel momento, anche se con brevi interruzioni, rimase stabilmente allo Stato Pontificio condividendone le vicende.
Nel 1435 papa Eugenio IV elevò Corneto al rango di civitas e di sede vescovile, come premio ai meriti del Cardinal Vitelleschi, nativo di Corneto, nel ristabilire il dominio papale sullo Stato della Chiesa. Nel 1854 la diocesi di Corneto fu unita aeque principaliter alla diocesi di Civitavecchia. Nel 1986 le diocesi furono pienamente unite nella diocesi di Civitavecchia-Tarquinia.
In seguito alla costruzione del nuovo porto di Civitavecchia, erede dell'antica Centumcellae, con fortificazioni progettate da architetti del calibro di Michelangelo Buonarroti e Antonio da Sangallo, nel XV secolo Corneto perse nuovamente e definitivamente la sua funzione di porto dell'alto Lazio, il che determinò una progressiva decadenza economica e demografica del territorio, interessato sempre più dalla malaria a causa delle paludi costiere.
Nel periodo precedente la seconda guerra mondiale divenne sede della scuola di paracadutismo. Fu inoltre interessata da un massiccio programma di bonifiche da parte del regime fascista, seguito dalla riforma agraria del 1950: i due provvedimenti contribuirono al rilancio del settore agricolo e a un effimero sviluppo industriale collegato, attirando un'ingente immigrazione interna soprattutto dalle Marche.
A partire dagli anni 60 del XX secolo poi, con la costruzione del Lido e di Marina Velka lungo la costa, si è sviluppato anche un discreto turismo balneare







il Duomo


 La concattedrale dei Santi Margherita e Martino è il principale luogo di culto della città di Tarquinia, nel Lazio, sede dell'omonima parrocchia e concattedrale della diocesi di Civitavecchia-Tarquinia.






Il Duomo dei Santi Margherita e Martino è stato edificato nel 1260 ed elevato a cattedrale di Corneto (precedente denominazione di Tarquinia) il 5 dicembre 1435. Nel XV secolo fu ampliato per volere del vescovo Bartolomeo Vitelleschi ma nel 1643 fu distrutto da un terribile incendio. Ricostruito in breve tempo, è stato poi nuovamente oggetto di un restauro in stile neoclassico nel XIX secolo secondo il progetto di Francesco Dasti per l'interno e di Pietro Magnani per la facciata; l'intervento, terminato nel 1874, ha interessato anche l'ampliamento della struttura, con l'aggiunta di nove nuovi altari. La chiesa è stata consacrata nel 1879 dal vescovo di Corneto e Civitavecchia Francesco Gandolfi.
Il 30 settembre 1986, in forza del decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, la sede di Tarquinia è stata unita in plena unione con la sede di Civitavecchia e la nuova circoscrizione ha assunto il nome attuale. Contestualmente la cattedrale di Tarquinia ha assunto il titolo di concattedrale.








La cattedrale dei Santi Margherita è interamente in stile neoclassico ad eccezione dell'abside, ancora quella originaria in stile gotico.
Esternamente, la facciata, preceduta da una scalinata e affiancata, a sinistra, dal campanile a torre, è a salienti: nella parte inferiore si aprono tre portali, mentre in quella superiore, terminante con un timpano triangolare, vi è una bifora affiancata dalle statue dei santi titolari.
L'interno della concattedrale è privo di transetto, con tre navate separate da archi a tutto sesto e coperte con volta a botte lunettata. La navata maggiore termina con la profonda abside poligonale, di sezione notevolmente minore, contenente l'antico altare maggiore barocco in marmi policromi; le pareti e la volta dell'ambiente presentano ancora gli affreschi realizzati nel XVI secolo da Antonio del Massaro, detto "il Pastura", tra cui un'Incoronazione della Vergine, vari Santi e Sibille.







Sulla cantoria in controfacciata, in posizione centrale sotto la bifora, trova luogo l'organo a canne, costruito da Angelo e Nicola Morettini nel 1879.
Lo strumento, a trasmissione integralmente meccanica, è contenuto all'interno di una cassa lignea, con mostra inserita dentro un'apertura a serliana. La consolle, a finestra, dispone di due tastiere di 58 note ciascuna (Grand'Organo tastiera inferiore, Positivo aperto tastiera superiore), con prima ottava cromatica estesa, e pedaliera dritta di 17 note, costantemente unita alla prima tastiera; i registri sono azionati da pomelli disposti su due colonne alla destra dei manuali, sopra quelli relativi al Grand'Organo, sotto quelli del Positivo aperto (colonna di sinistra) e del Pedale (colonna di destra).




la Chiesa di San Pancrazio


Di questa chiesa, importante per essere stata in periodo comunale la sede in cui si svolgevano le cerimonie ufficiali, non si conosce la data esatta della costruzione, anche se la compresenza di elementi gotici , nonché le testimonianze su alcuni eventi verificatisi al suo interno consentono di collocare l’edificazione tra la fine del sec. XII e l’inizio del XIII. Durante il secolo XVII vennero eseguite numerose modifiche. Aperta al culto fino ai primi del Novecento, per poi rimare in stato di abbandono fino agli anni Cinquanta, venne in seguito restaurata ed ora è saltuariamente sede di eventi culturali quali mostre, conferenze, concerti (Auditorium). Notevoli sono il portale, la cornice della porta e il campanile. Il primo, molto elegante, sormontato da un arco ogivale costituito da più elementi concentrici, alcuni a sezione tonda, altri quadrata, e poggiante su due fasci di lesene e colonnine. La cornice della porta, costituita da una cornice policroma a mosaico, è di derivazione cosmatesca. Il campanile, edificato in epoca successiva, interrompe il lato sinistro della facciata e si presenta con due ordine di bifore con arco a tutto sesto su tutti i lati; degna di nota è anche la cuspide crestata. Interessante anche l’edicola situata sul lato sinistro,, con un arco ogivale decorato con un motivo a corda spezzata, il tutto di chiara derivazione normanna. L’interno si presenta con un’unica navata, suddivisa in due campate, in origine entrambe a volta, mentre attualmente la copertura, ancora a volta nel presbiterio, rialzato rispetto al resto della chiesa, è invece in legno nel resto dell’edificio.

la Chiesa di Santa Maria in Castello


La chiesa di Santa Maria in Castello,  è l'edificio di architettura romanica più rappresentativo della città.


La costruzione della chiesa ha una storia molto articolata: il progetto ebbe inizio nel 1121 e la locazione su cui doveva sorgere l'edificio era un'area dislocata e disabitata della città chiamata Castrum Corgnetum. La realizzazione della chiesa era stata affidata molto probabilmente a diversi architetti dato che sugli stipiti del portale principale sono presenti delle iscrizioni dove vengono citati Pietro di Ranuccio, Nicola di Ranuccio, Giovanni e Guittone a cui Nicola aveva dato i natali. Ancora non possediamo abbastanza informazioni attendibili per confermare che questi siano gli architetti dell'edificio, ma sappiamo per certo che hanno contribuito alle decorazioni. La chiesa fu terminata nel 1207 e consacrata nello stesso anno da Innocenzo III. Fu pienamente attiva fino al 1435 e venne restaurata diverse volte fino all'abbandono totale avvenuto nel 1567 con la sua sconsacrazione.
L'architettura dell'edificio rispetta pienamente i canoni romanici tipici dell'Alto Lazio e presenta chiari influssi dell'arte toscana e lombarda.
Nella facciata di forma rettangolare sono presenti tre portali, di cui il più importante è quello centrale costruito da Pietro di Ranuccio nel 1143. Sormontato da una struttura arcuata a tutto sesto contiene sette dischi decorati in passato con mosaici di fattura cosmatesca. Sopra il portone centrale si apre una finestra bifora incorniciata anch'essa da una modanatura arcuata che prosegue lungo gli stipiti fino al davanzale con semicolonnine di architettura lombarda; il capitello della colonnina centrale è decorato con un motivo a foglia d'acanto. L'iscrizione presente sulla bifora "NICOLAUS RANUCII MAGISTER ROMANUS FECIT HOC" attribuisce a Nicola Ranuccio la paternità della stessa.



Navata Centrale
La chiesa, priva di transetto, si articola in tre navate: la navata centrale è composta da cinque campate mentre le navate laterali da 10, cosicché ogni campata della navata centrale sia il doppio di quella laterale. Sia la navata centrale che quelle laterali sono coperte da volte a crociera costolonate. Il pavimento della chiesa si compone di raffinati mosaici a motivi geometrici di impronta cosmatesca che risultano oggi rovinati e frammentari anche a causa della presenza delle truppe francesi venute in Italia su invito di Pio IX durante la quale la chiesa fu adibita a stalla. L'ambone opera di Giovanni figlio di Nicola, è situato a metà della quarta campata maggiore. Esso è di forma trapezoidale e reca al centro una loggetta di forma semiottagonale agli spigoli della quale erano presenti quattro colonnine a torciglione oggi trafugate. Il fonte battesimale, di forma ottagonale, si trova nella terza campata della navata destra ed è di tipo ad immersione. Ogni quadrante di ogni lato è rivestito con un marmo di tipo diverso la cui provenienza, secondo la tradizione locale, è indicata dalla distrutta città romana di Gravisca. Al lato della chiesa si erge la torre di Santa Maria in Castello che è la più alta di tutta la città.

la Chiesa di San Giovanni Gerosolimitano


Edificata tra la fine del sec. XII e l'inizio del sec. XIII, appartenne dal 1182 all'ordine dei Cavalieri di Malta. La facciata, con il prospetto a capanna, in cui si evidenzia la suddivisione interna in tre navate, con l'oggetto del corpo centrale più alto rispetto ai laterali, è di chiara ispirazione romanica, con evidenti elementi gotici sia nell'eleborato rosone che nel coronamento con archi ogivali del portale centrale e dei due ingressi laterali. Sia sul lato sinistro che sul destro si aprono tre finestre a feritoia che sul alto sinistro sono a sguincio, per convogliare forzamente la luce all'interno. Anche il corpo absidale presenta caratteristiche interessanti, con i sei speroni cuspidati con funzione sia di contrafforti che di spinta verso l'alto, di chiara matrice gotica, tra i quali si aprono sette monofore arcuate a tutto sesto. L'interno si presenta suddiviso in tre navate di uguale dimensione, ognuna composta di tre campate. Le navate laterali terminano con due cappelle a pianta poligonale, mentre nella centrale, alle spalle del presbiterio, è collocato il coro. Da notare gli affreschi nella navata destra, in particolare in una lunetta della seconda campata una Pietà recentemente attribuita a Pier Matteo D'Amelia(1448-1508) e scuola.
In prossimtà della Chiesa esisteva un piccolo ospedale per l'assistenza ai pellegrini infermi, per la gestione del quale la chiesa utilizzava delle rendite in suo possesso, mentre dietro la parte absidale era ubicato un cimitero ed a destra della facciata una commenda. La chiesa svolge ora funzione di parrocchia, assieme alla chiesa di S. Leonardo, per i rioni di S. Giovanni e S. Leonardo.






la Chiesa e Convento di San francesco

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Costruita, secondo la tradizione, nel luogo in cui San Francesco salvò con un miracolo la vita ad alcuni bambini, l’origine della Chiesa risale al XIII–XIV secolo.
L’edificio, in stile romanico–gotico, venne eretto sui resti del preesistente Oratorio della Santissima Trinità. Una serie di rimaneggiamenti ne hanno modificato l’aspetto, ma nel 1959 un restauro ha cercato di riportarlo alle forme originarie. Il portale gotico è sormontato da un bellissimo rosone. L’interno, a croce latina, è diviso in tre navate da pilastri con archi a tutto sesto, mentre il transetto è ornato da archi gotici e tetto a capriate. Sul lato destro si possono ammirare alcune cappelle del XV–XVI secolo, in particolare quella commissionata dalla famiglia Falzacappa.
Tra le opere custodite vi sono il bellissimo paliotto cosmatesco dell’altare maggiore, il Tabernacolo dell’Olio Santo e il settecentesco crocifisso ligneo. Il convento, ora affidato ai frati dell’Immacolata, non è visitabile; risale anche questo al 1200 ma è stato ampliato nel XV secolo.






la Chiesa e Monastero di Santa Lucia




La chiesa di S. Lucia venne costruita precedentemente al monastero, nel sec. XV, mentre la costruzione del complesso monastico è del 1563. Questo si estende da Porta Maddalena lungo il perimetro delle mura cittadine, ed è costituito da edifici che si affacciano su un chiostro ed un cortile e comprendono l’ educandato, il noviziato, la foresteria, la clausura delle monache e l’ orto, cui si aggiunge la parte riservata alla scuola media ed al Liceo Socio-Psico-Pedagogico, entrambi Istituti Paritari.